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La Rai non è un'azienda in crisi, no alla sua ristrutturazione forzata e alla perdita definitiva di molti posti di lavoro indotta dall'incentivo all'esodo





La vera motivazione? Si sa ma non si dice

Recentemente, molti colleghi sono stati invitati a lasciare il loro posto di lavoro. Per convincerli la Rai Tv ha scelto di aprire la borsa e dare loro le motivazioni che si aspettavano. Ovviamente, per Legge, una forte percentuale del numero di questa forza lavoro non potrà essere reintegrata. Le RSU si sono opposte all'incentivazione all'esodo? No. Ma allora adesso perché rumoreggiano e paventano proteste se l'Azienda prosegue logicamente nel suo percorso di ristrutturazione?
Nel frattempo il CCNL sta per scadere, ma la cosa sembra non fare notizia; nell'aria c'è ancora tanta euforia, anche perché altri colleghi sono stati premiati ed hanno ricevuto quei passaggi di categoria ai quali tanto agognavano. A proposito, Vi invito ad osservare che appartenenza sindacale hanno i lavoratori più premiati, coloro che evidentemente sono i più apprezzati dalla dirigenza aziendale... E invito tutti anche a chiedersi il perché di tali scelte aziendali.
La Rai ha già dato segni di non volere stare al passo dell'innovazione tecnologica in corso e di una progettazione più meticolosa delle possibili alternative produttive. Sono stati proclamati scioperi per queste ragioni? No. Stesso discorso per l'inesistente riorganizzazione culturale dei programmi televisivi che sembrano essere studiati appositamente per indurre lo spettatore a cambiare canale. Qualcuno s'è indignato perché la Rai non ottempera al suo ruolo di guida culturale del Paese? No.
Intanto, c'è chi non dorme sugli allori e prepara nuove “contrattazioni” con la controparte aziendale. Finalmente si parla di qualche aumento economico per i lavoratori, direte Voi. No, ci spiace, Vi sbagliate, sembra che le preoccupazioni di molti si focalizzino più sull'assenza di funzionari e dirigenti che sul reintegro di almeno il 50% dei colleghi fuoriusciti dalle linee produttive.
Ma perché per alcuni è così importante conoscere i nomi di chi andrà a gestire il potere dei reparti del nostro Centro di Produzione, piuttosto che dedicarsi alle richieste più sentite della base dei lavoratori? Chi decide certe strategie? E soprattutto, perché?
Il gruppo dei lavoratori della Rai di Milano appartenenti all'USI è molto lontano da questo tipo di logiche utilitaristiche e faziose. Poiché, stranamente, nessuno ci ha voluto coinvolgere nell'ideazione di un'auspicabile azione unitaria che probabilmente porterà allo sciopero del 28 ottobre 2018; poiché noi riteniamo che ci sia un po' troppa demagogia dietro alle vere motivazioni di uno sciopero locale che noi riteniamo non strategico, perché più che al lavoratore, porterà forse benefici a chi è in attesa di diventare funzionario o dirigente e poiché crediamo in una vera unità dei lavoratori, abbiamo deciso di non prendere parte alla prova di forza di chi forse chiede soltanto un segnale ai propri superiori.

Invitiamo ancora una volta i lavoratori della Rai a riflettere su quello che sta accadendo alla nostra azienda e ad aderire attivamente alla nostra Unione Sindacale, in modo che insieme si possa stilare una lotta che porti benefici a chi lavora senza nulla chiedere o pretendere a danno di altri.

USI-UR902 Comunicato n° 4

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